Lo Yoga Danzato, uno strumento di crescita creativa.
“La danza in tutte le sue forme, non può essere esclusa da una nobile educazione: danzare con i piedi, con le idee, con le parole…”
Friedrich Nietzche
I bambini e i ragazzi amano il movimento, ne hanno bisogno per crescere. In esso trovano la propria via per scaricare le tensioni, sperimentare, esprimersi, conoscere sé stessi e ciò che li circonda.
I più recenti studi delle neuroscienze dimostrano, come già la teoria yogica sostiene da millenni, che il fare viene prima del sapere e che la mente scaturisce dal sentire, immaginare e pensare di tutto il corpo.
La danza è una disciplina artistica seria e primordiale, praticata da uomini e donne, guerrieri e re, monaci, contadini e sacerdotesse nella continua ricerca di stabilire un contatto, una tensione (danza, dance, danse, tanz derivano dal sanscrito tan, tensione), un’unione (yoga significa proprio unione, integrazione) fra corpo e mente, coscienza ed emozioni, fra l’uomo e la natura che lo circonda e lo riempie.
Considero lo Yoga Danzato come una triade di ascolto, movimento ed espressione che, in un dialogo dinamico contribuisce all’equilibrio psico-fisico di ogni persona.
“La danza è una delle rare attività umane in cui l’uomo si trova totalmente impegnato: corpo, cuore e spirito. Per il bambino danzare è importante quanto parlare, contare o imparare la geografia. È essenziale per il bambino, nato danzante, non dissipare questo linguaggio sotto l’influsso di un’educazione repressiva e frustante.”
Maurice Béjart
A ogni bambino e bambina, ad ogni ragazzo e ragazza, andrebbe offerta l’occasione di esperire consapevolmente e con gioia la ricchezza e la fertilità di questa unità.
Attraverso la pratica dello Yoga Danzato propongo un’immersione nelle sensazioni, nel respiro, nel ritmo interiore ed esteriore. Di volta in volta il corpo si fa fiore, animale, divinità, attraverso il linguaggio del mito, della musica e della danza.
L’antropologia e la pedagogia contemporanee ci offrono una cornice interpretativa che mostra come molte discipline e filosofie ‘orientali’ possono aiutare lo sviluppo fisico e psichico della persona durante ogni fase della vita ed in particolare nel periodo dell’età evolutiva.
- Sviluppo fisico. Attraverso il lavoro sul corpo e nel corpo, è possibile approfondire, bilanciare ed affinare la dinamica e la qualità del nostro stare in noi stessi, nello spazio, nel tempo e nelle relazioni con gli altri.
- Sviluppo psichico. La ricchezza simbolica degli archetipi utilizzati nella danza classica indiana – e delle immagini mentali che da essi scaturiscono – è estremamente potente: precede e anticipa l’idea razionale, dà corpo visibile a un concetto che le parole tradurranno solo in futuro. Queste ‘figure’ sono in grado di conferire un senso carico di spessore emotivo-affettivo a ciò che non possiede ancora chiarezza nella zona pre-cosciente. Questo senso è pieno di valore culturale e non può prescindere dalle esperienze educative, perché tutti i modelli culturali, sociali e comportamentali non sono altro che espressione di un’individualità immersa in un contesto ed influenzata da una progressiva acquisizione di conoscenze e pratiche derivate dallo scambio intersoggettivo.
Da un punto di vista tecnico, la danza indiana rappresenta un’arte millenaria completa: il suo studio aiuta non solo a conoscere, rafforzare e sperimentare il proprio corpo e le sue capacità espressive, ma anche a familiarizzare con la ritmica, la musica e lo spazio circostante, ad esercitare la memoria e sviluppare coordinazione e concentrazione.
Da un punto di vista culturale, e interculturale, ci mette in contatto con la bellezza delle arti attraverso un immaginario diverso da quello dominante nella nostra società ‘occidentale’, stimolando l’apertura alla diversità, l’abitudine all’ascolto e all’osservazione, l’esercizio ad una lettura critica della realtà e sviluppando flessibilità mentale e creatività. Caratteristiche sempre più necessarie in un mondo in rapida trasformazione, in cui confronto, dialogo e capacità immaginativa rappresentano le chiavi del nostro futuro.
Riassumendo, le mie pratiche laboratoriali per bambin* e ragazz* di Yoga Danzato si propongono di:
- sviluppare le capacità di ascolto (osservazione, memoria, concentrazione)
- affinare la percezione degli spazi circostanti e delle relazioni fra noi e gli altri
- familiarizzare con la ritmica e la musica (tempo, velocità, armonia del movimento)
- conoscere e rafforzare il corpo (coordinazione, equilibrio, agilità, resistenza)
- allenare la mente sia alla disciplina sia all’apertura verso l’alterità
- sperimentare le proprie capacità espressive
- contribuire ad arricchire l’immaginario culturale degli allievi
- sviluppare consapevolezza
Attraverso la sperimentazione diretta e l’osservazione delle diverse sfumature di energia vitale, fisica, mentale, emozionale e creativa, si sviluppa consapevolezza fin da piccoli; ci si mantiene attenti e flessibili; si bilanciano e si integrano progressivamente eccessi e carenze.
Per concludere, vorrei lasciare la parola alle mie piccole-grandi danzatrici cosmiche. Coloro che da anni mi seguono, mi sfidano e mi emozionano ad ogni incontro. Stimolando le mie passioni e l’amore più grande per la vita che si lascia danzare.
A. ha iniziato a fare TAKADIMI TAKAJONU quando aveva solo 4 anni. Ora va in prima elementare. Quando le ho chiesto se aveva voglia di dirmi che cos’era la danza indiana per lei, come la faceva sentire, mi ha risposto così:
“Proprio quando entro nella sala di danza, mi lascio andare… mi piace… quando metto piede nella sala di danza, mi lascio danzare! Perché è così spaziosa che uno vuole prendersi tutto lo spazio, danzare un po’… Proprio mi lascio andare, così.
Poi quando faccio danza mi rilassa molto, comunque, se hai appena danzato vieni là e ti fa digerire… se invece devi mangiare, ti lascia il buco giusto. Quindi quando si fa danza io mi rilasso… e prendo forze per la giornata seguente! Perché poi la sera ho tanto sonno, perché mi sono rilassata, e carico nuove energie per il nuovo giorno. E le storie che raccontano della danza, mi hanno ispirato anche Parvati, l’ho chiamato proprio così (il suo elefantino di pelouche, ndr), perché nelle storie che facciamo ho sentito questo nome…
Poi quando faccio danza mi rilasso, tutta la stanchezza va via… e come se dalla terra venisse quella porporina, sabbiolina… come si dice? Un po’ di cosine così… venisse su l’energia nuova dai piedi, dal pavimento, ecco, come se fosse il pavimento che mi lancia un po’ di sabbiolina… e piano piano torna su da madre terra e va dal cielo. Quindi… Poi mi rimane sempre la canzoncina, l’ultima… mi rimangono i movimenti, la canzone e poi ho imparato anche il saluto, i gesti bene, il saluto che facciamo all’inizio (Bhumi Namaskar, ndr)…
La stanchezza esce da proprio tutta la pelle! Come se fosse uscendo un serpente dalla sottana, che usciranno anche mille altri! …Proprio esce dalla pelle, tranquilla, va fuori e ah!”
M., 16 anni, viene ai miei laboratori da un paio di anni. Ed è la mia allieva più appassionata. Disturbi epilettici durante i suoi primi anni di vita le hanno causato un forte ritardo linguistico. Melissa ha trovato nel Bharatanatyam uno strumento espressivo senza uguali. Sua cugina S., 12 anni, compagna instancabile di TAKADIMI TAKAJONU mi scrive così:
“La Meli è innamorata della danza indiana. Ogni giorno ripassa le canzoni e balla: le piace molto. Secondo me è molto bella perché c’è ritmo, felicità, allegria e soprattutto si differenzia dalle altre danze. Questa per me è la più bella, ma anche a Meli piace da morire”.
“Se l’occhio non esercita, non vede.
Se la pelle non tocca, non sa.
Se l’uomo non immagina, si spegne”.
Danilo Dolce